Sonno dei bambini: LETTONE SÌ O NO?


Argomento controverso e molto discusso con pareri discordanti tra psicologi, pediatri ed esperti.

I  genitori che ammettono il co-sleeping sono moltissimi.

LETTONE SÌ O NO?

Fin dalla nascita, sarebbe una buona abitudine che il neonato dormisse nella propria culla, anche se in camera dei genitori (per i primi mesi di vita).  Ma se i ritmi delle poppate sono ancora un po’ confusi e i risvegli molto frequenti, infatti, il lettone può diventare un “salvavita” per una mamma che allatta. L’idea è quella di alleviare la sua stanchezza, di tutelare il suo benessere e, di conseguenza, quello del bimbo.

Tuttavia, però, può accadere che il bambino resti in camera dei genitori per numerosi anni. A volte,  mamma o papà dormono da soli con il bambino, mentre l’altro genitore, per motivi di comodità o spazio decide di emigrare nella stanzetta inutilizzata del bambino o sul divano.

Mamma e papà dormono sereni, il bambino non fa i capricci, ci si ripete che  prima o poi andrà a dormire da solo e che va tutto bene nella gestione familiare … ma è davvero così?

In casi di separazione, i bambini dormono con il proprio genitore anche in adolescenza.

“Durante il sonno, un bimbo non ha alcun bisogno di lavorare su “modelli di sicurezza”. Il fatto che i genitori dormano accanto a lui, quindi, non fa molta differenza. A mio parere, invece, quello di cui un bambino ha davvero bisogno è un genitore sicuro, sereno, ben disposto, che sappia farlo addormentare e “accompagnarlo” nel sonno. È importante cullare il bebè, cantargli una ninna nanna, fargli sentire una musica rilassante; far sì che senta intorno a sé una dimensione di protezione nella quale potersi lasciar andare serenamente al momento del riposo, senza sentire l’ansia della separazione da mamma e papà.” (A.Pellai).

LETTONE SÌ O NO?

 

Tra il 6° e il 9° il bambino è pronto a dormire nel suo lettino, a dormire nel proprio spazio, che è uno spazio separato da mamma e papà. Questo è il risultato di un nuovo apprendimento  e per il bambino ha numerosi vantaggi. Inizia a sviluppare una certa autonomia e una percezione di sé, di un proprio io che non è inglobato dal contenitore fatto dalle braccia di mamma  e papà.

Il bambino, crescendo, acquisisce numerose competenze e dormire nel proprio letto e in camera sua è coerente con il suo sviluppo evolutivo. Insegnare al proprio bambino a dormire da solo è un processo che richiede disponibilità e tanta pazienza, ma che sottende l’idea che i genitori credono nella capacità del figlio di potercela fare. L’insicurezza del bambino è spesso specchio di una insicurezza dei genitori.

L’insegnamento di limiti e confini passa anche dall’avere stanze separate. Non porre resistenze, fare invadere gli spazi di coppia dai propri figli, non li aiuterà a sviluppare capacità come l’attesa e la tolleranza della frustrazione, competenze socio-affettive irrinunciabili per superare la fase di onnipotenza, che se prolungata oltre i primi anni di vita può avere conseguenze negative sulle relazioni con gli altri.

Come gli uccelli che quando hanno messo le piume spingono i loro pulcini fuori dal nido o i mammiferi che portano fuori dalla tana all’aperto i loro piccoli, così anche nella specie umana bisogna capire il momento opportuno per stabilire i reciproci spazi di vita.

Ovviamente esistono le eccezioni come una fase di malattia del bambino, un periodo di cambiamento dove i bambini manifestano una richiesta emotiva di cura e protezione maggiore e quindi una fase regressiva da accogliere da parte dei genitori. Questo consentirà ai bambini di riattivare le proprie sicurezze e affrontare nuove sfide.

Il lettone può sempre restare quella calda oasi di serenità che riunisce tutta la famiglia la domenica mattina quando non ci sono problemi di orario e tutti hanno fatto un bel sonno conciliatore.

Sono i limiti e gli ostacoli che aiutano i bambini a diventare grandi.

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